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VISITA AI RAGAZZI IN CARCERE

Notizie da Lima | venerdì 26 Giugno 2015 18:37

INFO_PERU_260615_carcere.doc-page-002 (1)Lima, giugno 2015

(testimonianza di Roberto Pascucci – socio di Sinergia)

Domenica ho accompagnato Martin al carcere per adulti, quasi 10.000 detenuti per 4.000 posti effettivi, dove doveva andare a trovare un po’di amici. Non essendoci un parlatorio per incontrare i carcerati bisogna entrare nella prigione e poi andare nei vari padiglioni. Ho sempre letto delle carceri del Sudamerica, del sovraffollamento, dei problemi di droga e di igiene ma toccare con mano queste realtà mette i brividi. Per entrare nel carcere bisogna essere vestiti in modo appropriato: niente pantaloncini, o capelli troppo lunghi, niente catene al collo, cappellini e occhiali da sole. Inoltre niente scarpe con i lacci o cinture ai pantaloni. Non si possono indossare magliette scure o indumenti che possono anche solo vagamente ricordare le mimetiche militari. Niente cellulare, lettore mp3, niente di niente. La coda è stata lunghissima, 2 ore sotto un sole cocente tra venditori ambulanti e mendicanti vari. Siamo passati per circa 10/12 controlli, o supposti tali perché in ognuno si ricevono richieste di denaro da parte dei secondini; richieste nemmeno tanto velate e in alcuni casi bisogna armarsi di pazienza e di un gran sorriso per far capire che non si ha nulla da dare se non un po’ di comprensione verso chi è in carcere. Ovviamente c’è chi, pagando ben più di un Sol, che è la richiesta standard, riesce a saltare la fila in barba a chi non se lo può permettere. Passato anche l’ultimo controllo, dove un secondino mi ha preso il portafogli, lo ha aperto guardando dentro senza per fortuna prendere i pochi Soles che avevo, siamo andati in cerca dei nostri amici e con noi avevamo buste piene di cose utili come sapone, carta igienica, shampoo, dentifricio, frutta. All’interno del carcere abbiamo visto di tutto: gente che tagliava la carne per il pranzo con una mannaia, coltelli per il pane con la lama lunga, picconi, forbici da sarto ed altri strumenti che potrebbero essere usati tranquillamente per offendere. Molti detenuti portano scarpe con i lacci, ho visto cinture ai pantaloni mentre chi va a trovare i carcerati passa dei controlli che non si fanno nemmeno negli aeroporti americani. Camminando da un padiglione all’altro siamo passati per la zona dove si vende e si fuma la marjuana, ma all’interno della struttura quasi un po’ ovunque si fuma pesante. Molti i detenuti con il cellulare e molti invece sono vestiti con stracci e scarpe troppo piccole per essere calzate adeguatamente. Nel carcere si può comperare di tutto, anche la droga migliore di Lima che entra grezza e viene lavorata sul posto. L’igiene è un optional e i bagni non sono descrivibili. Delle dieci persone che dovevamo incontrare siamo riusciti a vederne solo otto; di questi otto due sono dentro per “sbaglio”, cioè sono stati incastrati dalla polizia: al primo, sotto la minaccia di una pistola, gli hanno fatto firmare un foglio dove ammetteva la sua colpa la quale, in verità, era stata solo quella di trovarsi sulla stessa strada di un bandito in fuga che è poi riuscito a scappare; il secondo è stato trovato in possesso di una pistola durante una retata; peccato però che l’arma era stata portata dalla polizia stessa! All’interno è continuato lo stillicidio di Soles da dare all’ingresso di ogni padiglione, a chi ti accompagna, a chi ti va a chiamare la persona che devi incontrare, insomma è un continuo aprire e chiudere il portafogli o, nel migliore dei casi, regalare qualche banana o qualche mandarino portati dentro proprio con la funzione di offerta di ringraziamento. Verso le 16:00 siamo usciti ma abbiamo fatto altre 2 ore di coda; chi pagava un obolo riusciva ad accorciare la permanenza nella fila, evitando così di essere coinvolto anche in qualche rissa che scoppiava occasionalmente tra le persone in attesa di uscire. Martin, molto sensibile verso chi subisce soprusi, tremava letteralmente dallo sdegno ed è riuscito a calmarsi solo fuori dal carcere e solo dopo un paio d’ore. Ho domandato a Martin cosa avrebbe fatto se non ci fossi stato io che l’aiutavo a portare tutte le cose per i suoi amici. Mi ha guardato un po’ stupito e mi ha risposto che ci sarebbe andato da solo, come fa sempre. A Martin, spero non me ne voglia, auguro di uscire sempre in quelle condizioni dal carcere, di riuscire sempre ad indignarsi e a non farci l’abitudine alle brutture umane; che non diventi come quei dottori o quegli infermieri che dopo aver visto tanto dolore si anestetizzano, si fanno il callo e perdono tutta l’umanità e trattano gli ammalati come numeri. Nemmeno noi dovremmo mai etichettare come normalità una cosa che, se pur conclamata dall’uso comune, come dare un Sol ad un secondino, fa perdere la dignità all’uomo. Una domenica al mese Martin entra nel carcere e ne esce ferito nell’animo e stanco nelle membra. Per fortuna che ha tanta forza di volontà ed una fede che lo sostiene sempre nei momenti di bisogno. Di Martin si potrebbe parlare per pagine e pagine ma aspetterei un altro momento per farlo. Da Lima è tutto.