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Aggiornamento dal Perù (Giugno 2010)

Notizie da Lima | martedì 29 Giugno 2010 19:04

Carissimi amici,
Sono rientrata in Italia giá da qualche giorno e sono felice di essere in mezzo a voi. Ho riabbracciato con grande gioia alcuni di voi e non vedo l’ora di incontrarmi con tutti gli altri. Sono felice di essere qui e di godermi la famiglia, gli amici e la tranquillità italiana. Come sempre infatti sono rientrata piuttosto stanca dai mesi passati in Perú, dove la vita e l’attivitá del progetto sono sempre piuttosto frenetici e intensi.

Questi ultimi mesi hanno visto succedersi tanti eventi nel progetto peruviano.

Abbiamo continuato a sistemare la nuova casa e il nuovo terreno e, come vedete da queste foto, ne è valsa la pena.
Abbiamo allestito la scuoletta, l’ufficio che é anche stanza di lavoro della psicologa, comprato degli armadietti che ci hanno permesso di sistemare molti dei vestiti e oggetti che ancora stavano negli scatoloni del trasloco, portato via le macerie che occupavano la parte di terreno destinata all’orto e al pollaio che proprio in questi giorni sta prendendo vita: siamo alla semina!
I ragazzi sono entusiasti nell’aiutare a preparare il terreno!
Molti dei lavori li ha fatti Martin con l’aiuto dei ragazzi, per altri abbiamo dovuto inevitabilmente assumere qualche lavorante a giornata, ma per fortuna lí i costi della manodopera sono piú contenuti che in Italia.
Anche per me é stato un periodo intenso, ma molto positivo di inserimento del nuovo personale (psicologa, insegnante di recupero scolastico, insegnante di manualitá, insegnante di musica) e revisione e ristrutturazione della metodologia di lavoro e coordinamento di tutte le aree del progetto.

Inserire nuovo personale in una realtá cosí familiare come la nostra dove i rapporti umani sono al primo posto, richiede tanta delicatezza e sensibilitá nell’accompagnare, guidare, informare, stimolare autonomia, ma direi che tutte le persone che sono arrivate hanno saputo mettersi in ascolto e comprendere il nostro stile ed entrare velocemente in sintonia con i ragazzi.
Da fine febbraio abbiamo dunque contato sulla presenza della psicologa per quattro giorni a settimana (a febbraio, marzo e aprile erano sei, ridotti poi su richiesta della psicologa stessa), dell’insegnante per aiutare i ragazzi nello svolgimento dei compiti tre pomeriggi a settimana, dell’insegnante di manualitá due mattine a settimana, e dell’insegnante di musica il sabato mattina cosí anche i ragazzi che vanno a scuola possono partecipare (é stata una loro richiesta!).

Il lavoro in strada continua intenso e complesso come sempre. Si sono seguiti alcuni casi di ragazzi malati di tubercolosi, in collaborazione anche con una nostra cara amica (Jenny) che ha aperto da poco, fra mille difficoltá, una casa di accoglienza per ragazzi/e di strada malati di tubercolosi, un sogno che aveva da molto tempo vista la mancanza assoluta di strutture pubbliche o private disposte ad accogliere questi casi. Abbiamo avuto anche tre nuovi ingressi in casetta (Elizabeth, Kervin e José Luis) e due reingressi (Roger e Reyson) tutti seguiti con grande amore e professionalitá dal nostro Martin.

Il lavoro con le famiglie ha avuto nuovo impulso con l’arrivo della psicologa che in collaborazione con l’assistente sociale ha continuato ad incontrare con assiduitá le famiglie dei nostri ragazzi, molti dei quali cominciano ad entrare in una fase in cui bisogna pensare al loro reinserimento nella famiglia o alla preparazione per una vita autonoma, quest’ultimo essendo il caso piú delicato lungo e complesso. É infatti probabile che piú di uno alla fine della scuola, in dicembre, ritorni alla propria casa: considerando che sono con noi da oltre tre anni e che hanno fatto un percorso di maturazione e presa di coscienza dei pericoli della strada, non dovrebbero ricadere nelle stesse dinamiche.

Per quanto riguarda i ragazzi, in questo momento abbiamo la gioia di avere in casetta:Carla, Andrea, Elizabeth, Esaú, Anthony, Angel, Kervin e José Luis.

Elizabeth é la sorella di Andrea. É arrivata in casetta ai primi di aprile, qualche settimana dopo Kervin. Non é arrivata dalla strada, ma da casa sua, da dove si trovava da qualche mese dopo essere uscita da un istituto in cui Martin l’aveva accompagnata circa tre anni fa’, come forma di prevenzione, visto che non era cosí coinvolta nelle dinamiche di strada come Andrea, ma se avesse continuato a frequentare l’ambiente sarebbe sicuramente stata a rischio di percorrere le stesse tappe che purtroppo molti ragazzi che lavorano in strada sono condannati a seguire. É stata in questo istituto gestito da suore, ma finanziato dallo stato, completamente femminile, che non ha peró fatto quasi nulla per progettare e accompagnare l’uscita di Elizabeth al compimento dei 18 anni. Si sono limitati a chiamare la madre e informarla che la figlia sarebbe uscita. Elizabeth aveva giá manifestato l’anno scorso a Martin la sua preoccupazione su dove sarebbe andata a vivere e cosa avrebbe fatto quando sarebbe uscita. Non voleva stare con la madre perché non si trova bene col patrigno. Martin si era consultato con me ed entrambi avevamo considerato opportuno aprirle le porte della casetta, per fare un percorso insieme alla sorella che era giá con noi: cosí é stato e la nostra idea sarebbe piano piano accompagnarle affinché un giorno possano vivere insieme, magari affittandosi una piccola stanza e sostenendosi con il lavoro di entrambe. Attualmente Elizabeth, che compirá 19 anni in luglio, e Andrea, che ne compirá 18 sempre a luglio, stanno formandosi in scuole professionali, la prima nell’ambito della pasticceria, la seconda in quello del taglio e cucito industriale. Inoltre proseguono entrambe gli studi dell’obbligo in una scuola privata per il recupero di piú anni in uno, che le occupa il sabato dalle 8.00 alle 14.30. Elizabeth é una ragazza molto riservata, molto timida, molto servizievole e l’ambiente della casetta molto piú informale e allegro del precedente istituto la sta aiutando ad aprirsi. É molto riconoscente al progetto per averla accolta e dato l’opportunitá di studiare: ce lo dice in continuazione.

José Luis é arrivato in casetta il 28 di maggio. Ha 13 anni e una serie di precedenti ingressi ed uscite da vari istituti che lo fanno purtroppo un esperto di programmi per ragazzi disagiati. Martin l’ha conosciuto perché é il vicino di casa di un altro ragazzino che conosciamo: da poco era scappato da un altro centro e stava attualmente vivendo con la madre, ma con il rischio concreto che tornasse a frequentare la strada e la droga. É stato lui a chiedere a Martin se lo poteva accompagnare in un centro diverso da quello da cui era scappato perché temeva le conseguenze se fosse tornato lá. Martin l’ha portato a conoscere la nostra casetta e lui fin da subito ha espresso il desiderio di poter entrare: noi abbiamo preferito, su suggerimento di Martin, che il suo ingresso non avvenisse quello stesso giorno, ma dopo qualche giorno coinvolgendo la madre, per cercare di sensibilizzarla a seguire il figlio nel processo di recupero e quindi ad essere un referente affettivo per José Luis, elemento che riduce molto le crisi dei ragazzi e la possibilitá di uscita dalla casa. Cosí é stato: la madre é venuta ad accompagnarlo, a conoscere la casa, a parlare con la psicologa e a firmare i documenti di rito che ci concedono il permesso di ospitare il minore. José Luis é ancora un po’ sorpreso del modo di vivere nella nostra casa: come dice Martin, era probabilmente abituato ad ambienti piú rigidi e formali ed é come se avesse paura di essere completamente se stesso, temendo l’intervento correttivo dell’adulto. Per il momento non andrá a scuola per il necessario periodo di ambientamento: é comunque molto molto indietro negli studi, sembra che abbia completato solo la seconda elementare.

Kervin, di cui vi avevo parlato nella precedente lettera, si é ambientato molto bene. Ha sofferto molto l’assenza della madre, anche se fin dalla strada lo avevamo preparato al fatto che non potevamo assicurargli che saremmo riusciti a coinvolgere la sua famiglia e che quindi la prospettiva piú reale era che anche i suoi permessi si sarebbero svolti con noi o con qualche volontario. Come prevedibile, a parole accettava la situazione ma poi nei fatti continuava a chiedere che ci mettessimo in contatto con la famiglia e di poter andare a trovarla. Finora siamo riusciti a fare in modo che la mamma e la sorella venissero almeno una volta a trovarlo, senza esporlo al rischio di andare a casa e di trovare il padre ubriaco e violento. Il primo periodo Kervin era estremamente inquieto, tipico dei ragazzi che arrivano direttamente dalla strada dove tutto é veloce e frenetico: non si concentrava su nulla per piú di pochi minuti ed era continuamente in movimento; cercava sempre il gioco “fisico” con gli altri, cosa che ancora adesso gli costa molto controllare: non é cosí raro trovarlo che si ruzzola con Angel o Anthony nel prato come un cucciolo. La cosa piú bella, che desiderava fin dal suo arrivo, é stato l’ingresso a scuola, dalla seconda settimana di maggio: frequenta adesso la sesta elementare (in Perú sono appunto sei gli anni delle elementari) e si é adattato meglio di quello che pensassimo. É servito senz’altro molto il lavoro di preparazionde della psicologa e dell’insegnante del pomeriggio.

Una situazione molto penosa si é creata in aprile con Roger e Reyson, due ragazzi che conoscete bene, ormai giá cresciuti, e che avevamo deciso di riprendere in casa, pur consci della complessitá di accogliere ragazzi che sono stati per anni fuori dalla casetta e hanno sperimentato situazioni piú estreme, ma desiderosi comunque di offrire loro opportunitá che altri istituti non sono disposti a dare soprattutto per la loro etá.
Sono rimasti con noi per tre settimane, durante le quali gli aspetti positivi hanno lungamente superato quelli difficili: avevamo subito aiutato Roger a farsi la carta d’identitá e a trovare lavoro (nella fabbrica di prodotti naturali che abbiamo di fronte a casa), Reyson si stava recuperando fisicamente perché era arrivato estremamente magro e dibilitato e stavamo cercandogli un corso professionale da elettricista, la sua passione. Sembravano contenti: condividevano la stessa stanzetta, una delle casette di legno (vedi foto sopra) che avevamo pensato proprio per ragazzi piú grandi, per dare loro piú privacy e per mantenerli separati da quelli piú piccoli che hanno esigenze e dinamiche diverse. Probabilmente, soprattutto Roger, faceva fatica ad adattarsi ad un contesto di minor libertá rispetto a quella di cui godeva fuori e una serie di piccoli limiti che gli abbiamo chiesto di rispettare lo hanno portato a prendere una decisione avventata e purtroppo a coinvolgere anche Reyson. Sono scappati di notte, portandosi via anche alcuni degli strumenti musicali della casa. Per noi é stato molto triste, ma sappiamo che sono situazioni che con i nostri ragazzi si possono creare. Non abbiamo lasciato correre, perché pensiamo che ogni situazione, anche la piú negativa, vada sfruttata per educarli a migliorare: Martin é rimasto in contatto con loro ed é riuscito a portarli in commissariato, dove di fronte ad un poliziotto, a cui Martin aveva dato prima indicazioni su come volevamo si trattasse la questione, si sono impegnati a restituire a rate l’equivalente degli oggetti sottratti alla casetta. L’idea é quella di “spaventarli” un po’, per far prendere loro coscienza che i reati, anche piccoli, possono avere conseguenze molto gravi come denuncie e incarcerazione. Martin spera davvero che Roger prenda coscienza e si mantenga lontano dalle bande del suo quartiere con le quali a volte ruba. Reyson ha chiamato Martin piú di una volta esprimendo il desiderio di chiedere scusa alla casa per il comportamento che ha avuto.

Una bella notizia é che dai primi di maggio si é concretato un progetto di cui parlavamo da piú di un anno, e cioé quello di affiancare a Martin un altro educatore di strada sia per aiutarlo nell’immane compito di assistere i ragazzi per strada sia per formare col tempo una persona con lo stesso stile di Martin e della casa, in modo da diffondere un modello di attenzione in strada basato sul rapporto di fiducia tra educatore di strada e ragazzi e sull’affettivitá come motore primo del processo di motivazione all’uscita dall’ambiente della strada. Il nuovo educatore di strada si chiama Freddy ed é un amico di vecchia data della casetta, perché da anni visita i ragazzi ogni quindici giorni e ha lavorato per un’altra istituzione sempre come educatore di strada fino a dicembre dell’anno scorso. Il pregio di Freddy é che, come Martin, non vede il lavoro di strada come un lavoro, ma come un impellente desiderio di aiutare il piú possibile i ragazzi che stanno in strada: é un impegno personale, qualcosa che ha sempre fatto anche al di fuori delle istituzioni. Martin si trova molto bene con lui é lo sta seguendo nella fase di inserimento nel nostro progetto. In questo modo riusciremo anche ad aiutare piú ragazzi in strada.

In questi mesi c’é stato molto utile il pulmino che abbiamo comprato a fine gennaio grazie alla generosa offerta di una cara amica. Ci ha permesso di fare varie uscite in spiaggia, al cinema, al luna-park, momenti di svago essenziali per i ragazzi, ma ha anche facilitato le compere e le pratiche di routine riducendo tempi e costi di spostamento. Sará ancora piú utile quando oltre a me, prenderá la patente anche Martin, che comunque sa giá guidare e usa a volte la macchina vicino alla casetta per andare a prendere i ragazzi a scuola o acquistare dei materiali.

Sono tornata soddisfatta di ció che abbiamo fatto in questi sei mesi: la casa-terreno é stata sistemata nelle cose principali e il gruppo degli operatori é stato rafforzato e rimotivato nei suoi compiti. Ovviamente quando sono qui la mole di lavoro per Martin aumenta, ma lui lo fa volentieri.
Sono davvero orgogliosa di tutto quello che si riesce a fare sia in Italia che in Perú grazie all’impegno di tante persone motivate e generose.
Un forte abbraccio
Alessandra